La linea che distingue la normalità dal disagio e dalla marginalità psicosociale sembra essere molto definita e offrire un “riferimento sicuro”.

Questa “linea convenzionale” può essere rappresentata da diversi valori, quali l’appartenenza al territorio, la rete di relazioni, l’attività lavorativa, la famiglia o il proprio ruolo sociale.

Tuttavia, questi stessi valori, in continuo equilibrio tra loro, possono trovarsi a essere fortemente sollecitati dal carico di circostanze scatenanti e inattese, fino ad arrivare alla “frattura”.

A questo punto, la linea non è più così tanto visibile.

Ho sentito spesso dire: “Mi si è rotto qualcosa dentro”.

La persona si percepisce “lacerata”, disorientata, vulnerabile. Le emozioni si caricano di fallimento, senso di colpa, sfiducia.

Nel tentativo di difendersi e trovare una soluzione, aumentano l’aggressività, l’isolamento e la diffidenza.

In tale condizione di disorientamento, la persona ha necessità di risorse e strategie nuove, che la aiutino ad accogliere la condizione di conflitto interiore, fronteggiare il carico emotivo e tornare a una normalità.

C’è quindi necessità di uno spazio fisico e relazionale di aiuto, in cui accogliere e contenere un disagio, recuperare energie, rafforzare i valori fondamentali, sviluppare nuova consapevolezza delle proprie capacità decisionali e gestionali nel percorso di vita.